Ad oggi abbiamo davvero poche certezze nella SEO, tra queste però possiamo abbastanza confidentemente dire che la qualità dei contenuti ha un peso. Ma ce l’ha anche lo “spazio” in cui inserire quei contenuti.
Si chiamano “riempitivi” (filler content) quei contenuti il cui obiettivo è semplicemente allungare il testo od occupare spazio vuoto, prassi che può danneggiare l’esperienza utente (e prima o poi la visibilità organica) e quindi minare la credibilità di un sito web. D’altronde proviamo a calare questa situazione nella vita reale, cosa che amo sempre fare per spiegare in modo più intuitivo concetti che rischiano di restare abbastanza fumosi.
Il 25 aprile di quest’anno (ahimè o per fortuna, dipende dai punti di vista) faccio 50 anni. Se Tizio mi regalasse una scatola di cioccolatini bellissima e addirittura pesante, la prima cosa che penserei sarebbe “o perbacco, è piena di cioccolato!”.
Ma se aprendola dovessi rendermi conto che nella scatola ci sono solo un paio di cioccolatini e il resto sono sassi e cartacce, beh diciamo che per il mio cinquantunesimo compleanno lascerò Tizio a casa. (Credo che l’immagine realizzata con ChatGPT renda perfettamente l’idea.)
Ma il vero problema non è il numero di cioccolatini, bensì l’aver “camuffato” lo spazio facendomi credere che dentro ci fosse qualcosa.
In questo articolo esploreremo come distinguere i sassi dai cioccolatini e come SISTRIX può notevolmente facilitarne e velocizzarne l’individuazione; cosa non fare (se si vuole essere invitati a una festa) e quale può essere una buona prassi di prevenzione.
Useremo ovviamente anche la famosa/famigerata (anche questo dipende dai punti di vista) sezione delle Linee guida dei Quality Raters, la 5.2.2. Iniziamo proprio da qui.
La visione ufficiale di Google sul filler content
È appunto nella sezione 5.2.2 delle Linee guida, in primis, che Google parla di filler content.
Riassumendo al massimo, (consiglio di leggere sempre per intero le Linee guida), possiamo dire che il “giudizio” di Google peggiora se al netto del filler content c’è anche una preminenza di quest’ultimo rispetto al main content.
Il problema (come dicevamo nel caso della scatola di cioccolatini) è che il contenuto riempitivo potrebbe far sembrare una pagina “ricca” che, in realtà, è priva di valore.
Gli esempi riportati nelle Linee guida sono di diverso tipo, dal tutorial che dice tutto ma non dice nulla, alla ricetta di cucina il cui contenuto principale è nascosto tra foto, link e pubblicità.
Facciamo un esempio (sempre personale): come scegliere il costume da bagno se sei bassa?
Rispondere a questa esigenza con un contenuto di tipo enciclopedico che per giunta inizia con una filippica sull’estate e la voglia di farsi il bagno al mare solo perché – magari – nell’analisi delle co-occorrenze semantiche di base esce fuori che costume da bagno e mare sono correlati (ma dai???) ecco, questo è un filler content.
Ciò non toglie assolutamente che puoi posporre questo testo alla fine e dare vita al tuo estro creativo.
Come riconoscere i contenuti riempitivi con SISTRIX
Premessa, Fidelity House è un servizio che corrisponde premi a chi pubblica contenuti che ottengono traffico, si legge:
Per ogni contenuto (articolo, ricetta, racconto di viaggio) pubblicato su Fidelity House otterrai dei punti Fi, la moneta virtuale di Fidelity House, per ogni visualizzazione unica ricevuta. La ricompensa sarà quindi tanto maggiore quanto più i tuoi contenuti saranno interessanti e “virali”. Con i punti Fi accumulati potrai richiedere i premi disponibili nel catalogo Fidelity Gift, tra un vasto assortimento di buoni acquisto dei migliori brand.
Pertanto, esistono siti come https://donna.fidelityhouse.eu/. Mi astengo volutamente da qualsiasi considerazione perché di fatto non conosco e non mi interessa conoscere nello specifico questo sito. Ci baseremo soltanto sulle evidenze ed è abbastanza palese (e impattante) che l’obiettivo è la monetizzazione attraverso la pubblicità.
Ipotizziamo di non aver mai letto alcun articolo (cosa che ho fatto dopo aver visto l’indice di visibilità di SISTRIX) e guardiamo l’indice di visibilità:

No, non è particolarmente incoraggiante.
Procedo e analizzo la panoramica delle keyword – storico

Passa da 19k keyword in top 10 (giungo 2022, picco) a 195 keyword ad aprile 2025.
Non possiamo dire che non ci sia (o ci sia stato) un problema. Va bene, mi si potrebbe dire, però erano “altri tempi”.
Nella distribuzione del ranking notiamo ancora qualcos’altro: un calo piuttosto evidente dopo il 7 ottobre 2024. E un altro calo marcato in data 16/12/2024.

No, non è migliorato nel tempo. E in più tratta anche di argomenti che rientrano nel magico cerchio dell’EEAT.
Usando i cambiamenti di URL noto poi cose come:
- https://uomo.fidelityhouse.eu/coppia/come-si-bacia-con-la-lingua-195416.html
- https://donna.fidelityhouse.eu/coppia/come-baciare-con-la-lingua-203794.html
Oppure:
- https://donna.fidelityhouse.eu/coppia/come-baciare-con-la-lingua-203794.html
- https://donna.fidelityhouse.eu/coppia/bacio-alla-francese-si-muovere-la-lingua-203733.html
E questo mi convince ancora di più (se possibile), sul fatto che tra filler content e cannibalizzazione ci sia una relazione decisamente stretta, se non simbiotica.A questo punto mi chiedo se esista una directory specifica ad aver registrato il calo o se il calo sia in egual modo diffuso.

Esistono directory con indice di visibilità pari a zero i cui articoli, devo dire, mi ricordano tanto gli inizi del mio lavoro come SEO nel 2007: a quei tempi poteva avere senso.
Devo però aggiungere una nota: nel 2007 perlomeno non c’era ancora un così ampio, a tratti estremo utilizzo di pubblicità e di pubblicità del tutto decontestualizzata pronta a prendere in ostaggio il click dell’utente in tutti i modi possibili.
Questa roba non è solo penalizzante, è veramente anti-persona.
Un esempio pratico su cosa non fare Mi ha incuriosito nella lista fornita da SISTRIX, la directory moda-donna che nella data più recente (14/04/2025) registra un indice di visibilità pari a 0,0002.

Provate a digitare in SISTRIX la query “come indossare un pareo” e guardate il tab SERP Layout:

Anche andando indietro nel tempo noterete che la prominenza è dei video e delle immagini, poi certo ci sono anche articoli che però – inevitabilmente – hanno immagini e/o video.
Nell’articolo del sito web preso in esame, non c’è una sola immagine che mostri il pareo sul corpo di una donna o di un uomo, non c’è un video e soprattutto c’è un testo “riempitivo” superfluo che probabilmente è “di supporto” alla pubblicità.
Quindi, per rispondere alla domanda “cosa non fare” possiamo dire con estrema tranquillità: non gettare vagonate di parole e frasi all’inizio della pagina solo perché così Google “capisce di cosa si parla”. Se l’intento di ricerca non è sorbirsi (perlomeno non subito) la storia di un prodotto ma sapere come usare quel prodotto, allora è fondamentale andare subito al punto, offrendo contenuti chiari, nel formato che abbiamo capito essere quello preferito dagli utenti.
Sintetizzando: se ci si rende conto di scrivere per “riempire” e non per “risolvere” significa che si sta dando vita a dei “filler content”. Può essere allora utile porsi almeno queste 3 domande:
- cosa mostra il layout della SERP per questa query? Usiamo SISTRIX per analizzare il tipo di contenuti che Google sembra “premiare”: testo, video, immagini? Qual è l’intento dominante?
- L’introduzione risponde subito all’intento dell’utente o deve scrollare per trovare la soluzione?
- Stiamo aggiungendo paragrafi perché servono o perché banalmente vogliamo mettere degli h2?
Buona prassi di prevenzione
È molto più semplice di quanto possa sembrare e ancora più semplice farlo che dirlo o scriverlo, perlomeno per me che lo faccio da anni.
Si chiama Struttura.
Se ti occupi di SEO e collabori con persone che scrivono contenuti, per qualche tempo sarà utile fornire loro quella che io chiamo semplicemente “Struttura dei contenuti”.
Non si tratta assolutamente di dire cosa scrivere ma, invece, quali argomenti trattare, quali approfondire e come organizzare tutte le informazioni a disposizione.
Si tratta di offrire una sorta di mappa concettuale che possa aiutarli a rispettare l’intento di ricerca evitando la creazione di contenuti riempitivi da una parte e mantenendo la coerenza con la query dall’altra.
Conclusione e tip
Un contenuto ben scritto, curato e approfondito, sebbene rispecchi tutte le caratteristiche richieste da Google potrebbe certamente non avere la visibilità organica che merita semplicemente perché, rispetto la query per la quale si posiziona, non assolve subito all’intento di ricerca della query stessa.
Ma attenzione perché “spostare” non significa necessariamente eliminare. Significa soltanto che le informazioni poco rilevanti devono lasciare “spazio” al contenuto realmente utile per l’utente.
Tip. Quelli che io personalmente chiamo “perfezionamenti” possono riguardare anche questo tipo di intervento. Per esempio, dato un set di pagine per me importanti che però, ahimè, non hanno il traffico che mi attendevo (e fatte tutte le analisi del caso) posso fare proprio questo esercizio di “spostare” in avanti i passaggi (o i tipi di contenuto) che più di tutto esaudiscono la query.
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