Siti defunti, scomparsi o migrati nel nulla. Internet ci offre una serie di esempi da cui possiamo imparare per evitare di fare la fine di quell’amico che dopo il primo appuntamento non si è più fatto sentire… Ghostbusters!
- Prima tappa: cimitero
- Myspace: lo spettro che si aggira ancora nel web
- Il vaso di pandora del sapere: Yahoo Answers
- Migrazioni da incubo
- Top Level Damage: chi non muore si rivede... o forse no
- Rebranding: testanera o zucca vuota?
- Troppi ingredienti nel calderone... e il dominio fa boom.
- Contenuti duplicati, tra Dr. Jekyll e Mr. Hyde vincono i cannibali
- Incantesimi di magia nera
- Siti ghostati dal Core Update
- Epilogo
Prima tappa: cimitero
Ci sembra doveroso iniziare questa raccolta di horror stories ricordando due domini defunti negli ultimi anni, siti che hanno segnato la storia dei questi decenni del web e che nel tempo sono scomparsi: Myspace e Yahoo Answers.
Myspace: lo spettro che si aggira ancora nel web
Ai più nostalgici forse scenderà una lacrima nel rivedere il caro e vecchio Myspace, soppiantato gradualmente da Facebook e X (Twitter). La piattaforma social fondata nel 2003 è stata per anni il principale mezzo per band e cantanti di divulgare la propria musica e farsi conoscere al pubblico senza la mediazione di una casa discografica. Artisti come Adele, Mika, gli Arctic Monkeys devono parte del loro successo proprio a Myspace.
Come si può osservare dall’Indice di Visibilità , già a partire dal 2009 il sito comincia a perdere colpi: l’abuso del codice HTML per personalizzare la propria pagina aveva reso difficile la navigazione nel sito e aggravava sulla CPU dei computer meno potenti. Gli utenti cominciano una lenta migrazione verso altri siti. Nel 2011 il dominio viene venduto e inizia il suo inesorabile declino.
Il vaso di pandora del sapere: Yahoo Answers
Altro colpo per i malinconici è Yahoo Answers, chiuso il 4 maggio del 2021. Lo storico servizio è rimasto attivo in Italia per 15 anni e ha raccolto nel tempo circa 84 milioni di domande e relative risposte.
Analizzando l’Indice di Visibilità del dominio – che un po’ somiglia all’ECG di chi ha appena visto un fantasma – si nota che il dominio aveva già avuto un crollo dovuto al Google Core Update di maggio 2020 (pin A), si era poi ripreso fino alla sua definitiva fine.
Migrazioni da incubo
Passiamo ora all’incubo di ogni SEO che si rispetti: migrazioni e relaunch. Il tipico caso il cui la domanda è sempre “Dolcetto o scherzetto”, ma la risposta è sempre un mistero!
Top Level Damage: chi non muore si rivede… o forse no
Alcuni degli esempi più rilevanti di migrazioni da incubo sono innegabilmente quello di Barilla, analizzato nel dettaglio in questo articolo, e quello di Royal Canin. In entrambi i casi, il cambio di TLD (Top Level Domain) da .it a .com non ha portato ai risultati sperati, ma anzi a un crollo del dominio che non ha più recuperato la visibilità di prima.
Un esempio simile è Marieclaire, che ha cercato di risolvere il peggioramento tornando al dominio .it. Tuttavia, anche in questo caso, nonostante la risalita graduale degli ultimi anni non si è ancora riusciti a recuperare la visibilità del 2018.
Rebranding: testanera o zucca vuota?
A inizio del 2019, il brand di prodotti per capelli Testanera ha deciso per un rebranding e per il cambio del dominio nel nome della casa madre tedesca Schwarzkopf. Qualcuno avrà sicuramente pensato che fosse una parolaccia, e invece è esattamente la traduzione di “testa nera”. Ma non è questo il punto. Il dominio ha subito un crollo quasi del 90% e, nonostante si fosse bene o male rialzato, nel 2021 ha subito un’ulteriore diminuzione della visibilità . Più che testa nera, una testa mozzata…
Troppi ingredienti nel calderone… e il dominio fa boom.
Tra gli errori che riguardano i cambi interni al dominio c’è l’esempio di National Geographic a ricordarci che il “troppo stroppia”.
Come spiegato in questo post del nostro blog, nel 2019 il dominio nationalgeographic.it ha subito un crollo del 93%. Come mai? Prima di tutto le modifiche strutturali e di design al sito hanno provocato un’enorme quantità di pagine 404, e il contemporaneo passaggio da http a https è andato ad influenzare ulteriormente la visibilità del dominio.
Nonostante i contenuti di buona qualità e la forza del brand, la risalita è stata comunque piuttosto lenta, in quanto Googlebot si è trovato a dover scansionare il sito quasi da zero.
Contenuti duplicati, tra Dr. Jekyll e Mr. Hyde vincono i cannibali
Un brivido lungo la schiena corre nel sentir pronunciare le parole “contenuti duplicati”. Da rabbrividire è anche il case study di Zara Home, analizzato qui, che mostra le conseguenze da capogiro di questo errore. Il grafico dell’Indice di Visibilità del dominio è da paura per la quantità di alti e bassi che presenta. Ma vediamo insieme cosa è successo.
L’instabilità deriva principalmente dai contenuti del sito, non dai concorrenti o eventuali penalità di Google.
Il contenuto delle pagine di prodotto, infatti, viene reindirizzato a ogni periodo di saldi a quelle della nuova collezione, facendo sparire così l’URL posizionato. Al termine dei saldi la pagina della nuova collezione viene rimossa, e al suo posto si posiziona un URL completamente nuovo. Googlebot si ritrova a non saper più quale URL considerare utile per gli utenti e questo va naturalmente a peggiorare i ranking.
Incantesimi di magia nera
Prima di diventare il colosso che conosciamo oggi e aver dato il colpo di grazia a Blockbuster, anche Netflix ha passato un periodo di tracolli e stabilizzazioni.
Uno dei problemi di Netflix – e probabilmente la causa di un crollo significativo nel 2017 dell’immagine qui sopra – sembrava essere legato al fatto che la piattaforma fornisce contenuti diversi nei vari Paesi e per il fatto che le serie e i film disponibili differiscono a causa dei diritti di licenza e di streaming.
Per risolvere questo ostacolo si possono seguire due vie: il Cloaking e il reindirizzamento basato sull’indirizzo IP dell’utente. La prima, l’occultamento, è però una violazione delle linee guida per i webmaster di Google; la seconda è tendenzialmente problematica soprattutto a livello di SEO internazionale.
Siti ghostati dal Core Update
Per passare al tema fantasmi… a volte è Google stesso a ghostare i domini!
Ultimo esempio di horror stories è il dominio farmacoecura.it, ucciso da nientemeno che Google stesso. Come si può leggere in questa analisi approfondita, il dominio era stato quasi azzerato dal Medic Update del 2018, che effettivamente colpito soprattutto i siti il cui profilo di link non risultava naturale. Il dominio aveva avuto poi misteriosamente un picco per poi crollare definitivamente sotto i colpi di altri Update di Google.
Epilogo
L’analisi scherzosa di questi casi mette però in guardia webmaster e SEO sulle possibili insidie di internet, soprattutto quando si tratta dell’ottimizzazione dei motori di ricerca. Ci sono stregonerie che sembrano portare benefici di breve durata e altre che si rivelano funeste. Ma è proprio questo il fascino di lavorare nel web!
In attesa che Google lanci un altro dei suoi incantesimi, vi auguriamo un paurosissimo Halloween! 🎃