I domini di primo livello (anche chiamati Top Level Domains o TLD) sono un tema SEO da sempre molto discusso. La prima domanda che ci si pone quando si deve scegliere un nome di dominio in questi casi è: dovrei utilizzare un TLD generico (gTLD) o nazionale (ccTLD)? O, tradotto nel linguaggio comune, dovrei chiamare il mio dominio ilmiosito.com o ilmiosito.it ? Si tratta davvero di una scelta che potrebbe avvantaggiare la mia visibilità?
In questo articolo faremo un po’ di chiarezza sull’argomento, analizzando alcuni esempi pratici grazie ai dati del Toolbox SISTRIX.
L’opinione di Google
Sull’argomento, Google è sempre stato deciso: usare un TLD piuttosto che un altro non porta alcun vantaggio per quanto riguarda i posizionamenti nelle pagine dei risultati di ricerca. Questa tesi è stata ribadita in numerosi tweet, sia da Matt Cutts, ex ingegnere antispam di Google, sia da John Mueller, attuale Senior Webmaster Trend Analyst di Google.
Quando vale la pena usare un gTLD nazionale o un ccTLD?
Per rispondere a questa domanda, bisogna prendere in considerazione il proprio prodotto (o servizio) e il pubblico a cui è destinato.
Se il tuo sito web riguarda un prodotto o un servizio limitato esclusivamente ad un certo Paese, allora l’uso di un dominio di primo livello nazionale potrebbe essere effettivamente un vantaggio, in quanto gli utenti inconsciamente tenderanno a fidarsi maggiormente di quest’ultimo. Basti pensare ai siti degli elenchi telefonici nazionali, come paginegialle.it, oppure ai siti di testate giornalistiche italiane, come ilgiornale.it.
Al contrario, un dominio di primo livello generico rimanda implicitamente ad un’idea di internazionalità, avvantaggiando i grandi brand che puntano ad una strategia di marketing globale. Pensiamo, ad esempio, a gucci.com o a ferrari.com. Tendenzialmente questi marchi non traggono vantaggi nell’avere più siti con TLD nazionali, e puntano soprattutto all’utilizzo di host specifici per Paese (gucci.com/it oppure it.wikipedia.org).
I TLD e la visibilità del sito
Nella pratica, però, può succedere che la ripartizione precedente non sia così chiara: un marchio di un dato Paese potrebbe inizialmente puntare al proprio mercato locale, ma, dopo un certo periodo di tempo, decidere di cambiare strategia ed espandersi al mercato estero, o viceversa.
Tuttavia, non prendere una netta posizione tra l’uso di un TLD generico o uno nazionale potrebbe trasmettere incertezza a Google, con conseguenze sulla sua visibilità. Di seguito abbiamo riportato degli esempi concreti per dimostrare questa tesi, ottenuti utilizzando la funzione “Confronta i dati nel grafico” dell’Indice di Visibilità di SISTRIX.
Casi di studio
Un primo esempio che riportiamo si riferisce il marchio inglese Lush, legato alla cosmesi naturale, che aveva inizialmente creato per l’Italia il sito lush.it, improvvisamente interrotto nell’ottobre 2016 per essere sostituito da it.lush.com. Questo brusco cambiamento ha avuto inizialmente delle conseguenze sulla visibilità del dominio su Google, e ci sono voluti un paio di anni perché quest’ultima sia tornata a risalire e a raggiungere il livello originario.
Il marchio spagnolo Softonic, specializzato in software per diversi sistemi operativi, ha vissuto una simile avventura. Il suo dominio softonic.it aveva raggiunto picchi di oltre 600 punti nell’Indice di Visibilità, ma è incappato in una tendenza negativa che, a distanza di tre anni, gli ha fatto perdere circa il 61% della visibilità raggiunta (da 624 a 242 punti). Il passaggio ad un TLD generico ha inizialmente interrotto questo trend, ma non ha comunque permesso di recuperare il successo iniziale.
Passiamo ora invece ad una marca di cosmesi italiana, Kiko, che ha deciso di sostituire il suo nome di dominio generico (kikocosmetics.com), con uno nazionale (kikocosmetics.it), nell’aprile del 2013. Il cambiamento ha causato un crollo della visibilità (da 1,6 punti a 0,02), che ha reso il dominio praticamente inesistente su Google per almeno due mesi, per poi risollevarsi con una tendenza fortemente positiva. Nel momento di massimo successo, il dominio è però di nuovo tornato all’utilizzo di un TLD originario, in particolare di un host (kikocosmetics.com/it).
Nel caso peggiore, il sito con TLD generico e quello con TLD nazionale saranno talmente in lotta tra loro, che daranno vita a dei casi di contenuto duplicato esterno. In questa sorta di “cannibalizzazione” rientravano, fino all’anno scorso, i siti clementoni.it e clementoni.com, ad esempio. Google, a quanto pare, non capiva quale dei due sarebbe dovuto comparire nei Ranking delle pagine di ricerca italiane e li mostrava dunque entrambi, alternandoli.
Essendosi probabilmente accorto del problema, nel luglio 2017 il marchio ha trovato una soluzione, reindirizzando la pagina clementoni.it a clementoni.com/it. Infatti, cercando nel Toolbox il primo dei due domini, noteremo che la visibilità è ora completamente azzerata.
Conclusione
Il nome del dominio è indispensabile per il proprio successo, essendo il primo punto di contatto con gli utenti, e il TLD, come parte fondamentale di esso, non deve essere a sua volta sottovalutato.
Nella scelta del dominio di primo livello bisognerebbe sempre pensare alla propria strategia di marketing e al pubblico target a cui ci si rivolge. Ovviamente, è possibile che entrambi questi punti cambino col tempo: un prodotto che prima si focalizzava solo su un dato Paese potrebbe diventare conosciuto in tutto il mondo e richiedere un TLD generico, piuttosto che nazionale, come nel caso di Kiko. Oppure, al contrario, il marchio potrebbe decidere di concentrarsi solo su un territorio specifico, puntando sulla fiducia degli utenti e su una strategia di mercato locale, come nel caso di Amazon. In questi casi, un cambiamento relativo al dominio di primo livello potrebbe effettivamente rendersi necessario.
Qualsiasi sia la propria strategia, è importante pianificare ed effettuare tale cambiamento nel modo più completo possibile: inizialmente la perdita di visibilità potrebbe essere inevitabile, ma, con la giusta attenzione ai dettagli tecnici, sarà possibile recuperarla in fretta (oppure non risentirne affatto). In questo modo Google capirà quale dei due domini dovrà mostrare nelle SERP e gli utenti troveranno facilmente i contenuti che stanno cercando.
Gli errori e le “sviste” durante un cambio di dominio potrebbero avere forti ripercussioni negative su lato SEO, e avvengono più spesso di quanto si possa pensare. Di quali errori si tratta? E, soprattutto, come possono essere scoperti e risolti? Nel prossimo articolo del blog di SISTRIX risponderemo a tali domande con un nuovo, interessante caso di studio.